venerdì 16 ottobre 2015

GIULLARI, SALTIBANCHI, TROVATORI, CLOWN DEL MEDIOEVO


"...Un giullare è un essere molteplice: è un musico, un poeta, un attore, un saltimbanco; una specie d'intendente ai piaceri nelle corti di principi e re;
è un vagabondo errante che dà spettacolo nei villaggi;
è il suonatore di viella che canta "le gesta" durante le tappe dei pellegrini;
è il ciarlatano che diverte la folla ai crocevia;
è l'autore e l'attore dei lazzi che si recitano nei giorni di festa all'uscita delle chiese;
è il maestro di danze che fa saltare e ballare i giovani;
lo strillone, annunciatore dei paesi;
è il suonatore di bombarda e ghironda che dirige la marcia nelle processioni;
è il prologo e il cantante che rallegra i festini, le nozze e le veglie;
è il cavallerizzo che volteggia sui cavalli, l'acrobata che danza sulle mani; che gioca coi coltelli, che attraversa i cerchi in corsa, che sputa fuoco, che si disarticola e fa contorsioni;
è l'annunciatore delle parate cantate e mimate;
il buffone che smorfieggia e dice balordaggini.
Ecco il giullare è tutto questo e altre cose ancora…"
da "Les jongleurs en France au Moyen Age"
di Edmond Faral

Il termine giullare, derivante dal latino Joculator e prima ancora Jocus, cioè scherzo oppure gioco, compare per la prima volta nel 436 a Cartagine, ma il suo uso si diffonde poi in epoca medioevale intorno al V e VI secolo.
Durante il Medioevo, periodo spesso considerato tetro ed oscuro, epoca in cui l'immagine era molto più importante della stessa realtà e lo spirito era più importante del corpo, lo scoprire, il cercare, il guardare erano considerati peccato. Ma proprio in questo periodo compaiono nelle corti e nelle piazze giullari, cantastorie, saltimbanchi, trouvères, troubadours, bateleurs, conteur che con il teatro da strada, con i loro dialetti, il mimo, il grammelots, fanno circolare notizie, idee, pettegolezzi, risvegliano e stuzzicano gli animi, sbeffeggiando, cantando e ironizzando i potenti.

I giullari erano uomini di una certa cultura che andavano in giro a divertire, ora facendo i giocolieri e i buffoni sulle piazze, ora cantando (cioè recitando con un accompagnamento musicale) o mimando componimenti poetici; passavano di corte in corte, di città in città svolgendo un compito importantissimo in un'età in cui non esistevano ancora stampa e giornali. 
Assai spesso le città vietavano il loro ingresso o la loro attività, oppure la limitavano fortemente; già lungo tutto il Medioevo la Chiesa, in atti ufficiali, aveva denunciato e condannato i càntica giullareschi definendoli osceni e lussuriosi.
C'erano anche i giullari di corte, tutti a servizio del potere, reazionari e conservatori, ma la maggioranza era quella dei giullari di parte popolare, fautori della presa di coscienza del popolo minuto.
Taluni di questi, per la loro sfrontatezza e irriverenza, rischiarono il rogo. 

Anche il clown viene da molto lontano: prima della nascita della commedia dell'arte esistevano già i clown.  Si può anzi dire che le maschere all'italiana siano nate da un matrimonio osceno tra giullaresse, fabulatori e clown.
Il mestiere del clown è affine a quello del giullare e del mimo greco-romano perché concorrono gli stessi mezzi di espressione: voce, gestualità, acrobatica, musica, canto.
Tutte le forme di spettacolo dei clown puntano sulla deformazione grottesca della voce, sulla smorfia e sul maquillage molto vivace.  I clown, come i giullari, trattano sempre dello stesso problema, della fame: fame di cibo, fame di sesso, ma anche fame di dignità, di identità, di potere e il problema che pongono è costantemente quello di sapere chi grida e chi comanda.
Nel mondo clownesco le alternative sono due: il clown bianco o Luis, che dà gli ordini, insulta, sottomette e il Pagliaccio o Auguste, l'eterno sottomesso che si arrabatta per vivere e raramente si ribella.
ATTIVITA'
Rispondi alle domande (max 5 righi per ciascuna di essa)
1) Perché i giullari vengono considerati i primi veri professionisti delle lettere? Qual era la loro arte?

2) Il più interessante documento di questa letteratura giullaresca è "Il contrasto", intitolato "Rosa fresca aulentissima", scritto in dialetto meridionale nella prima metà del XIII secolo da un certo Cielo D'Alcamo. Di che cosa tratta?

martedì 13 ottobre 2015

COME CARATTERIZZARE IL PERSONAGGIO STORICO

La caratterizzazione è la presentazione del personaggio, la delineazione dei tratti specifici del suo aspetto e della sua personalità.
Caratterizzare un personaggio storico non è semplice perché non vuol dire solo presentarlo fornendone un ritratto esteriore e qualche indicazione anagrafica.
Per caratterizzare  un personaggio storico è necessario conoscere i fatti cui il personaggio si è visto attore delle vicende e studiare le sue azioni e i comportamenti da lui assunti.
Come fare?
Mediante un accumulo di elementi che potranno emergere dalle vicende stesse, dal giudizio degli altri personaggi, dalle capacità osservate nei suoi comportamenti che poi sono le azioni che lo vedono protagonista dei fatti o succube degli stessi.
La caratterizzazione di tale personaggio riguarda non solo gli aspetti fisici (la figura-il volto-l'abbigliamento) ma i comportamenti e il carattere, anche per le caratteristiche morali.
L'aspetto psicologico si può individuare analizzando i tipi di reazioni psicologiche che emergono in una situazione specifica, dagli indizi che ne fanno emergere il carattere.
Il personaggio va ambientato nel contesto spazio / tempo e il suo ruolo deve essere individuato con obiettività e valutato per gli aspetti positivi e/o per quelli negativi, senza pregiudizi ideologici.
Il giudizio critico può essere personale e/o dei critici della Storia.
 
ATTIVITA':
Studiando la Storia vi sarete accorti che sono molti i personaggi che hanno avuto il ruolo di protagonista di fatti importanti. In questo post potrai farne la caratterizzazione seguendo le indicazioni date in questa breve lezione dall’insegnante. Fai una breve ricerca in internet, per raccogliere più informazioni sui fatti in cui si muove il personaggio prima di caratterizzarlo e analizza le sue scelte e i suoi comportamenti (max 15 righi, per ciascun personaggio).

giovedì 8 ottobre 2015

ANDREA CAPPELLANO "DE AMORE" - Decalogo

Andrea Cappellano
De amore
Decalogo
1.Avarizia fuggi come pestilenzia nociva1 e abbraccia lo suo con­trario.
2. Ricorditi2 fuggire lo mentire3.
3. Del tuo amore non volere più segretari4.
4. Castità dei servare all’amante5.
5. Quella ch’è idoneamente6 congiunta allo amore d’alcuno7, tu non la dei sottrarre di quello scientemente8.
6. Non curare d’eleggere9 l’amore di quella colla quale matrimonio contrarre non puoi sanza naturale vergogna10.
7. In tutte le cose persevera obbidiente alli comandamenti11 delle donne.
8. Sempre studia di giugnerti e di stare con cavalleria d’amore12.
9. In tutte cose istudia d’essere cortese e bene costumato13.
10. Cura di prendere diletti14 d’amore quando è luogo e tempo e non ne avere alcuna vergogna.

1. pestilenzia nociva: peste dannosa.
2. Ricorditi: ricordati.
3. lo mentire: le menzogne.
4. non volere più segretari: non confidare il tuo amore a troppe persone.
5. Castità... all’amante: devi con­servarti casto per l’amante.
6. idoneamente: in modo op­portuno.
7. d’alcuno: di un altro.
8. tu non la dei… scientemente: tu non devi deliberatamente al­lontanarla da lui.
9. Non curare d’eleggere: non scegliere.
10. sanza... vergogna: senza do­vertene vergognare.
11. persevera obbidiente alli comandamenti: mostrati sempre obbediente al volere.
12. Sempre... d’amore: preoccu­pati sempre che il tuo modo di unirti e di stare con il tuo amore sia cavalleresco.
13. bene costumato: avere un comportamento civile.
14. diletti: piaceri.

ATTIVITA’
a. In quale modo è strutturato il testo di Cappellano? E quali temi affronta?
b. Spiega su quali valori si basava la “cavalleria d’amore”.

LE PRIME TESTIMONIANZE DEL VOLGARE ITALIANO SCRITTO

 
Le prime testimonianze scritte in volgare italiano sono documenti di carattere non letterario, spesso legati ad un ambiente culturale più elevato rispetto al comune. Il più antico documento è l'Indovinello veronese, indovinello scritto da un chierico-copista di uno scriptorium veronese in un documento risalente all'VIII secolo. La versione oggi più accreditata è la seguente:
« Se pareba boves, alba pratalia araba,
albo versorio teneba, et negro semen seminaba. »
Secondo l'interpretazione più diffusa, l'indovinello parla di uno scrittore (scriptor), paragonando la penna a un aratro (albo versorio) che viene spinto per seminare segni neri (negro semen), cioè le lettere. Il primo vero documento ufficiale in volgare italiano è però il placito capuano, una formula di giuramento inserita in un testo notarile del 960, con cui il giudice di Capua, Arechisi, riconosce all'abbazia di Montecassino il diritto di proprietà di alcune terre: «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parti Sancti Benedicti» («So che quelle terre, entro quei confini di cui si parla, li ha posseduti per trent'anni l'abbazia di San Benedetto»). Altre due testimonianze in lingua volgare risalgono alla fine dell'XI secolo in ambito religioso: una formula di confessione umbra rivenuta nell'abbazia di Sant'Eutizio a Norcia e un'iscrizione su un affresco nella chiesa di San Clemente a Roma, che rappresenta una scena della vita del santo.
I primi testi letterari in volgare risalgono alla fine del XII secolo e quasi tutti provengono dall'Italia centrale (Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, con esclusione della Toscana). Si tratta perlopiù di componimenti destinati alla recitazione, con fine ludico-religioso: il metodo più efficace dei chierici dell'epoca per diffondere la dottrina e la morale cristiana fra il popolo. Confermano la rilevanza letteraria dell'Italia centrale anche i due componimenti poetici, il Cantico di frate Sole di san Francesco e Quando eu stava in le tu' cathene di mano anonima.

ATTIVITA'
Che cos'è il "placito"?

LE ORIGINI DELLA LETTERATURA IN VOLGARE ITALICO

(SFOGLIA IL TESTO)
 
 

Alle origini della Letteratura italiana

Finché Roma era stata la dominatrice del mondo, aveva imposto a tutti i popoli conquistati le sue leggi e la sua lingua, il latino. Dunque, in tutto l’impero si parlava in latino e si scriveva in latino. Ma esistevano due tipi di latino: quello colto dei sapienti (sermo doctus) e quello del popolo (sermo vulgaris) che si arricchiva e si trasformava lentamente a contatto con le lingue originali dei popoli conquistati. Con l’arrivo dei barbari ogni regione seguì poi un suo sviluppo.
Il sermo vulgaris rimase come base comune a molte lingue nuove, ma i popoli lo elaborarono e lo modificarono secondo le loro condizioni e necessità e ben presto il “volgare” divenne ovunque una lingua distinta dal latino.
Si differenziarono in Europa due fondamentali ceppi linguistici: quello settentrionale, in cui prevalsero le originali caratteristiche germaniche, e quello meridionale, in cui rimasero più evidenti i segni della romanità.
Il ceppo germanico dette origine al tedesco, all’anglosassone, al danese, al norvegese e allo svedese. Da quello romanzo fiorirono l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno.
Il sermo doctus rimase per molti secoli la lingua della Chiesa.
Fu infatti la Chiesa che, nella generale disgregazione, svolse un ruolo fondamentale essendo ormai rimasta come unico punto di riferimento. La sua azione trovò efficace strumento nel monachesimo, trapiantato in occidente da S. Benedetto da Norcia. I monasteri sorsero in luoghi fortificati e isolati. Qui, accanto alle attività di preghiera, si praticava una vita culturale e lavorativa per il proprio sostentamento. Il monastero era l’unico luogo dove si svolgeva un’attività culturale: la conservazione dei testi classici. Il tasso di analfabetismo era molto alto, gli unici a saper leggere e scrivere erano i monaci, che negli scriptorium trascrivevano sia testi classici sia libri sacri; i libri trascritti si chiamavano codici. Ma poiché era possibile ricopiare lo stesso testo in diversi monasteri e poiché era altrettanto facile, a causa dell’ignoranza e della distrazione, commettere errori, ecco che si venivano a formare, di un solo testo, varie interpretazioni scritte.
Tutto ciò influì enormemente sulla cultura dell’epoca. Infatti, proprio la Chiesa contribuì non poco all’affermazione delle nuove lingue: mentre compiva con gran merito l’opera di custodire, studiare e tramandare l’antico sapere e di conservare una lingua latina liturgica uguale per tutta la cristianità, sapeva cogliere le mutazioni linguistiche del popolo. Infatti, i sacerdoti, nelle predicazioni, cominciarono a usare sempre più spesso il volgare per essere capiti da tutti.
Il volgare, com’è facile intuire, fu prima parlato che scritto.
In Francia, grazie alle produzioni della letteratura cortese il volgare ebbe uno sviluppo repentino mentre in Italia ci si arrivò più tardi perché il latino era ancora ben radicato come lingua (d’altronde era nato lì) ed anche perché in Italia c’erano troppi dialetti.
Le prime lingue romanze, o almeno quelle di cui abbiamo una più ricca documentazione, ebbero dunque origine in Francia e furono la lingua d’oil (a nord ) e la lingua d’oc (a sud).
Nella lingua d’oil furono composte opere di contenuto epico, nella lingua d’oc, diffusa soprattutto in Provenza, si cantò specialmente d’amore.
La letteratura cortese
Si intende per poesia cortese quel “cantar d’amore” con cui i trovatori provenzali intrattenevano i signori delle corti feudali.
La gentilezza e l’amore sono l’oggetto principale della lirica cortese.
Il concetto feudale della “cortesia”, cioè della devozione del vassallo al suo signore, viene trasferito dai poeti provenzali nel rapporto d’amore: la donna diventa oggetto di “venerazione” a cui il poeta si rivolge con “amore” nostalgico e rassegnato (amore, adulterio platonico, finto e segreto).
La lirica provenzale è più concettuale che spontanea, più un gioco della mente che una realtà di sentimenti. Nasce un codice che stabilisce segni e modi convenzionali per individuare tutte le situazioni d’amore: dall’innamoramento alla delusione, dal timore di turbare la donna amata, troppo in alto per il suo cantare, al nome fittizio che le si attribuisce per mantenerne segreta l’identità al volgo indiscreto.
Molti poeti italiani scrissero in lingua provenzale, l’unica lingua che pareva tanto armoniosa da diventare poesia. D’altra parte, in Italia l’uso letterario di una lingua diversa dal latino arrivò più tardi che in Francia e in altri paesi europei perché, come già detto, l’Italia era la culla della lingua latina, ed inoltre la situazione politica aveva talmente frammentato il territorio italiano da ostacolare il diffondersi di una lingua volgare unitaria.
Le connotazioni dell’amore cortese
Nel “De Amore” di Andrea Cappellano (sud della Francia, lingua d’oc) la donna è considerata divina; l’amore dev’essere adultero (perché spesso i matrimoni erano combinati, quindi non erano frutto di amore vero, come in Paolo e Francesca) ed essendo inappagato ingentilisce l’animo.
La donna è al centro di tutto perché:
-      A corte c’erano poche donne
-      Il rapporto uomo/donna può essere inteso come quello re/vassallo
-      L’uomo che tende alla donna è come la classe dei cavalieri che aspira all’egemonia
Le diverse produzioni letterarie in Francia nell’età cortese
La canzone di gesta è fondata su una base storica ma può avere astoricismi (come la battaglia con i Saraceni nella Chanson de Roland, in cui la guerra diventa una battaglia tra religioni). Viene diffusa dai giullari, è in decasillabi, con lasse assonanzate.
Il romanzo cavalleresco in cui all’interno della leggenda si inseriscono amore e magia. È in ottonari. Da ricordare come scrittore c’è Chretien de Troyes ma esistono vari cicli di romanzi come quello bretone o quello di Carlomagno. Nella canzone di gesta agiscono forze centripete (da tante regioni i cavalieri si uniscono in un’unica impresa) mentre nel romanzo agiscono forze centrifughe (da una impresa ci si dirama a tante).
 
ATTIVITA'
Perché l' "amor cortese" era adultero?

mercoledì 7 ottobre 2015

BENVENUTI IN BLOG RAGAZZI DI IIIB DELL'INDIRIZZO SOCIO-SANITARI!

RAGAZZI DELL'ISIS "DANILO DOLCI" DI PARTINICO (PA).
 
QUESTO E' IL VOSTRO BLOG, DOVE POSTARE I COMMENTI AI POST CHE IO, LA VOSTRA INSEGNANTE DI LETTERE, INSERIRO'.

Questo BLOG ha lo scopo di interfacciarsi con la didattica dell'Italiano e della Storia. Trovano spazio nel nostro Blog anche le note alle notizie di ATTUALITA' e i commenti agli articoli tratti da: "LETTURA DEL QUOTIDIANO IN CLASSE". Il mio grazie a tutti i partecipanti!
Prof.ssa Angelica Piscitello

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